CHE NE PENSIAMO:
VOTO:
– Un noir ispirato con una fotografia ed un cast al top della forma.
QUALCHE PAROLA (A CALDO):
Out of the Past è un film del 1947 di Jacques Tourneur che va, con prepotenza, a seguire quel filone dei film noir che tanto ha contribuito al successo artistico della forma cinematografica.
Come da genere, il film prevede un utilizzo eccellente della fotografia (in particolar modo delle dinamiche delle ombre e del visto/non visto). L’utilizzo estremo e preciso di questo stilema fotografico (che presenta in questo film numerose gradazioni e applicazioni diverse) rende conto di una duplicità di fondo ed irriducibile dei personaggi. Tutti hanno un doppio livello, un lato nascosto e nel corso del film non si riesce mai a capire chi mente e quali sono le reali motivazioni per queste menzogne.
La sceneggiatura è ambigua nel senso buono del termine, va in profondità e gestisce un ritorno del passato e un tentativo disperato di cambiare il futuro in maniera morbida, liscia, senza intoppi. I dialoghi sono assolutamente perfetti e sconfinano di tanto in tanto in una poesia dai toni dark.
Anche la figura della femme fatale che è classicamente inserita in tutti i film noir (e che ha attirato un po’ di critiche successive sulla simbologia che porta con sé) acquisisce un tono fortemente complesso, in quanto nessuno dei personaggi sembra in fin dei conti essere buono e tutti giocano, esattamente come il personaggio di Jane Greer fa, con gli altri.
Altra menzione necessaria in questo breve testo va data agli attori: Robert Mitchum, Jane Greer, Kirk Douglas e anche Dickie Moore, nel poco tempo scenico che gli viene riservato. Tutti offrono performance perfette, ambigue al punto tale che lo spettatore è continuamente a chiedersi se quello che ha sentito e visto è vero o se è soltanto un’altra bugia che nasconde il non visto? Questa caratteristica della sceneggiatura viene perfettamente resa dal comportamento, dal linguaggio del corpo e dalle espressioni degli attori.
Si capisce come questo continuo giocare sulla bugia sia un fattore fondante e sapientemente messo in scena dalla regia, tanto è vero che il film si chiude in ultima istanza con una bugia offerta a fin di bene (“was he going away with her?”/”stava andando via con lei?” – domanda alla quale il ragazzo annuisce). Il sacrificio d’amore che Jeff (R. Mitchum) prepara per far sì che una bugia (questa volta forse innocente) renda la vita più facile alla donna amata.
Ed in fondo, non è un po’ quello che fa il cinema? Mente per renderci la vita più facile.
PRO:
- La fotografia.
- La sceneggiatura (come affermato sopra) e la struttura narrativa: abbiamo una svolta (o meglio una nuova bugia) ogni 10-15 minuti. Questo tiene lo spettatore attivo mentalmente nel ragionamento e nella ricostruzione degli eventi.
- Il finale.
- La recitazione.
CONTRO:
- Abbiamo un debole per i noir. Questo ci mette nella condizione estremamente difficile di individuare dei punti negativi. Ma forse in questo caso potremmo indicarlo nell’ellissi subito dopo l’incidente. Ma in realtà, siamo noi a mentire ora e può essere anche che volevamo giusto rimanere immersi in questo mondo per un po’ di tempo in più.
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