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5 Febbraio 2024
May December (2023)
May December (2023)
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Todd Haynes – May December (2023)

4 out of 5 stars

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Citazione del film

Ne consigliamo la visione?

Decisamente sì!

Due parole sul film.

Ambiguità, zone grigie morali e duplicazioni speculari in quello che può sembrare il “Mulholland Drive” di Todd Haynes, ovviamente senza le distorsioni lynchiane, ma con la compostezza narrativa e visiva solita del grande regista americano.

“May December” offre, infatti, una messa in scena raffinata (anche grazie all’eccellente fotografia) che porta sullo schermo un dramma che si sviluppa interamente sotto la sua superficie, caratterizzato da un sottotesto decisamente ambiguo che permea anche ogni dialogo. Dal punto di vista della scrittura, è estremamente intelligente e costruisce un’immagine degli eventi e dei personaggi pezzo dopo pezzo, che, tuttavia, anche alla fine, pur essendo piena, non può essere considerata completa o intera. In fondo, Elizabeth (Natalie Portman), fino all’ultima inquadratura, cerca una “verità” che sembra essere a portata di mano, eppure non ancora afferrata (e forse, sembra dire il film, non del tutto afferrabile).

Tutti i rapporti familiari sono distorti dalla differenza di età, ma l’occhio di Haynes non perde la sua grazia estetica o il suo equilibrio, evitando un approccio giudicante manifesto. Le due protagoniste femminili, che hanno un qualcosa di vampiresco, sono rese speculari tra loro (tema quasi dichiarato e allo stesso tempo nascosto nella sceneggiatura, quando, all’arrivo al party di Elizabeth, Gracie (Julianne Moore) le dice: “I thought you were taller. You look taller on television, but we’re basically the same size” e l’attrice risponde: “We’re basically the same”). Entrambe le protagoniste giocano sul piano della sensualità, come nella scena dello specchio e del trucco. Elizabeth si nutre delle azioni di Grace, la imita nei modi di muoversi e di parlare, creando sempre di più un effetto disturbante. Ma, ancora una volta, l’imitazione non basta e non riesce a restituire la complessità della situazione.

Il film porta gli spettatori in un mondo di manipolazioni sottili e intricate. Il trauma di Joe, accentuato non solo dalla differenza di età ma anche dal giudizio sociale circostante, lo cristallizza su quell’età. L’attrice, desiderosa di stabilire un “contatto”, riattiva la dinamica del passato di Joe, attirandolo e seducendolo. Nonostante inizialmente Joe si opponga, alla fine Elizabeth ottiene ciò che vuole, mentendo sulla sua incapacità di utilizzare un nuovo inalatore per l’asma, un dettaglio che Joe ricorda dalla sua infanzia, quando si occupava della sorella asmatica (e così facendo riportando Joe a quell’età). Questa menzogna, alimentata da Gracie (è lei a raccontare che Joe si era preso cura di sua sorella), offre ad Elizabeth il successo nella sua manipolazione che aveva come obiettivo superficiale quello della seduzione e del “contatto”, ma che in realtà era solo un modo di scambiarsi di posizione con Gracie stessa.
Paradossalmente, anche se Joe non sembra del tutto in balia della manipolazione di Elizabeth, dichiarando infatti a inizio scena che gli inalatori non sono cambiati da anni e quindi accettando la bugia (o è così naive come in realtà dice di essere Gracie?), il rapporto tra Joe e sua sorella minore che sembra essere puro (ed è forse questa sua purezza antica che viene manipolata in quella scena) è il controcampo della dinamica familiare horror che Georgie (il figlio escluso) suggerisce all’attrice come possibile trauma infantile subito da sua madre Gracie e che spiegherebbe i suoi comportamenti successivi. Tuttavia, sorge il dubbio che questo racconto di Georgie sia stato fatto con la complicità di Gracie stessa.

In un film basato su un tabù che viene raccontato dai protagonisti come una storia d’amore incomprensibile a chi l’ha vista dall’esterno (è un caso che una delle figlie della coppia si chiami Honor?), il soggetto sembra trasformare il film in un incubo di farfalle bloccate nella loro crisalide e che non riescono ad emergere, vittime di meccanismi più grandi di loro. “May December” sembra raccontare che nessuno è pienamente colpevole (o vuole sentirsi tale), ma tutti hanno responsabilità e che l’irriducibile complessità delle cose umane non è sintetizzabile in una posizione binaria. E se non mette mai del tutto a fuoco il concetto di carnefice, quello di vittima sembra avere dei contorni più netti, pur se, tematicamente, il concetto dicotomico che ne consegue è sfumato ed eluso.

L’elemento più interessante del film risiede nel fatto che, paradossalmente, anche in assenza dei vari elementi di personaggio che ci vengono raccontati magistralmente nel corso della storia, sembra che conosciamo di più dei personaggi all’inizio – quando non sappiamo ancora assolutamente nulla della vicenda – invece che alla fine, erodendo preconcetti e stereotipi che potevamo aver portato con noi in sala, in un viaggio che mette in discussione le nostre stesse percezioni e convinzioni.

“Dove lo trovo?”

Il film non è ancora disponibile, nella data di scrittura di questa recensione, su nessuna piattaforma streaming, ma siccome il panorama degli streaming è in costante mutamento, vi invitiamo a dare un’occhiata a questo link JUSTWATCH che vi dirà dove trovarlo. Non dovrebbe mancare tanto. È inoltre disponibile su alcune piattaforme streaming all’estero, quindi…

“Allora, lo guardo o non lo guardo?”

Beh, adesso sai cosa ne pensiamo noi, ma se sei ancora indeciso e non lo hai ancora visto, dai un’occhiata al trailer.

Ora, se sei convinto, non ti resta che guardarlo, oppure se l’hai già visto e hai qualcosa da dire riguardo questo film, lascia un commento alla fine della pagina ed esprimi tutto quello che vuoi riguardo la pellicola. Su questo sito, siamo sempre contenti di ospitare opinioni altrui sul cinema e perché no, aprire un dibattito se non sei d’accordo con noi.


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