CHE NE PENSIAMO:
VOTO:
– Una lezione in regia cinematografica di Max Ophüls.
QUALCHE PAROLA (A CALDO):
Madame de… è un film del 1953 di Max Ophüls. Si tratta di una pellicola che offre un’ennesima lezione nell’arte cinematografica del regista tedesco ed in particolar modo per quel che riguarda i movimenti di macchina, che da sempre sono una fascinazione quasi proibita che numerosi filmmaker provano verso la regia cinematografica.
Per uno sguardo ad uno studio di come i movimenti di macchina danno una forma e connotano alcuni importanti film, vi rinviamo all’analisi che abbiamo scritto su Shining, film di un regista, Kubrick, che non ha mai perso occasione di affermare che i film di Max Ophüls sono sempre stati fonte di ispirazione per le sue creazioni. Insomma, non uno studente qualunque.
Il film è pervaso da un uso sapiente e magistrale dei movimenti di macchina, ne è un esempio la prima scena e la presentazione della protagonista. La macchina da presa, nel corso del film, si muove liberamente sul set e mette in scena un elemento classico della filmografia del regista tedesco: la danza.
Una danza d’amore e morte e che si trova a districarsi, in questo film, tra uno studio, non giudicante, delle dinamiche dell’amore e del tradimento e una analogia con la guerra che viene portata avanti da personaggi “non diplomatici” come il generale e che conducono alla devastazione e simbolicamente all’annullamento tanto individuale quanto collettivo (in senso metaforico).
È un film che gioca strutturalmente anche sul tema del duplice e del ritorno: le due volte alla chiesa, il ritorno alla stazione e l’infinita “danza” dei gioielli. Ci gioca apertamente e li caratterizza in maniera diversa ogni volta: acquisiscono cioè significati e anche atmosfere diverse tutte le volte che vengono approcciati (v. la prima volta del generale alla stazione con l’amante e la seconda volta con la moglie.).
Un tema, quello del ritorno, che viene reso estremamente manifesto sull’oggetto chiave del film: gli orecchini. Questi, regalati dal generale, vengono venduti, riacquistati dal generale, regalati all’amante, rivenduti da quest’ultima, acquistati dal barone, ri-regalati all’originale posseditrice mentre in tutto questo percorso cambiano più volte di significato (attraversano tutta l’Europa, ancora una volta segnalando la metaforizzazione della storia in un commento sulla “guerra”). Passano in un certo senso dall’essere simbolo di potere e controllo, ad essere invece portatori di speranza e libertà.
Un film che dunque gioca con i significati e lo fa infatti anche quando i personaggi usano la forma “je ne t’aime pas” (non ti amo), per dire invece “je t’aime” (ti amo). Un’inversione, per esprimere qualcosa di altro.
Oltre che sul piano della forma cinematografica, anche sul piano concettuale, Max Ophüls dimostra (come se avesse bisogno di queste nostre due parole in croce per trovare conferma….?!) una modernità eccezionale se si pensa che nel 1953 aveva già acquisito una posizione non giudicante nei confronti di dinamiche di coppie – come il tradimento – che venivano ancora viste come sacrileghe in certe società. È quindi un osservatore che non giudica nessuna delle dinamiche relazionali (nemmeno all’inizio del generale con l’amante), ma che assume invece una posizione etica nei confronti di chi invece lo fa e si erge a giudice, apostrofando come “colpevole” chi ha commesso il suo stesso peccato e dunque inventa un pretesto d’onore per spezzare il cuore dell’amata e portare devastazione e morte nel cuore dell’Europa: l’amore e la parola che soccombono all’uso della forza e della coercizione.
Vi consigliamo assolutamente di guardarlo, se non l’avete già fatto. Se non vi fidate dei nostri consigli, almeno fidatevi di quelli di Kubrick!!!!
PRO:
- I movimenti di macchina.
- La scena delle neve delle lettere non mandate. Una sequenza fantastica.
- La danza dell’amore e della morte.
- La posizione etica.
- L’utilizzo della forma del ritorno.
- Il giocare su significati e significanti.
CONTRO:
- Siamo pronti ai vostri consigli riguardo i contro. Non riusciamo a trovare niente.
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