Pensavamo di essere vicini al ritorno con una produzione nostra, ma ci siamo dovuti fermare, in attesa che l’emergenza coronavirus si arresti e la vita torni alla normalità.
Un po’ di tempo fa, vi avevamo accennato che ci sarebbero state novità riguardo un nostro progetto in preparazione: si tratta di un cortometraggio pronto per essere girato dal 23 al 27 Marzo a Londra. Un progetto ambizioso per cui abbiamo messo su una crew fatta di professionisti provenienti da vari paesi europei, compresa l’Italia.
Tutto pronto: script, preparazione degli shots, locations prenotate. Da qui a breve avremmo cominciato a pubblicare notizie e a fare una sorta di racconto della pre-produzione e poi in seguito della produzione.
Battuta d’arresto
Durante questa fase, però, pur cercando di restare ottimisti ed impermeabili, l’emergenza COVID-19, il cosiddetto coronavirus, ha chiaramente rosicchiato i margini delle fondamenta per far partire la produzione ed aumentato notevolmente il rischio cui andavamo incontro. Ci siamo ritrovati incastrati in una situazione impossibile da prevedere e da sciogliere e che ci ha portato a dover prendere la dura decisione di rinviare la fase delle riprese.
Questo ha ovviamente comportato una notevole perdita economica (dovuta alla prenotazione delle locations, alle prime spese che si facevano necessarie per far si che potessimo arrivare al 23 Marzo pronti ed organizzati). Abbiamo dovuto comunicare a tutte le persone coinvolte nel progetto che avevano dato la loro disponibilità a lavorare con noi (e che stavano già mettendo tutto l’impegno necessario – andando forse anche oltre il necessario – per far si che questo progetto potesse passare da carta e parole ad immagini) che non avremmo potuto assicurare la loro salute e la sicurezza di tutti quelli che avrebbero fatto parte della crew. Ne, tantomeno, avremmo potuto assicurargli che avrebbero potuto raggiungerci in Inghilterra, in quanto, al momento la situazione sembra ancora piuttosto instabile.
La situazione
Abbiamo preso consapevolezza di quanto la scellerata gestione mediatica e lo spargimento di notizie false sui social volti a creare il panico, ha dato vita ad una sorta di psicosi, nella quale chi sfortunatamente si trova a dover combattere contro il virus, non solo deve fare i conti con la sua salute, ma anche contro l’atteggiamento di stigma sociale che in alcuni casi sembra indicare finanche una colpa (di qualunque origine possa essere). O anche, peggio ancora, indicare un luogo, un’area, un popolo come “appestato”, “portatore di malattie”, etc. La situazione paradossale è che dopo anni di politiche propagandiste volte al “prima gli italiani” in cui questo è stato un leitmotif che ha accompagnato alcuni discorsi politici, ci ritroviamo in un capovolgimento in cui sono gli “italiani” ad esser visti piuttosto male nel mondo e sono oggetto di atti di esclusione sociale/lavorativa o finanche, per ora in alcuni casi rari, dall’utilizzo di servizi (v. caso dei ragazzi italiani che cercavano di prendere un Uber a Londra). Sebbene questi casi siano ancora limitati, si tratta comunque di un segnale non piacevole e che purtroppo si basa sull’ignoranza soprattutto in un contesto del genere dove la dimensione del problema è mondiale (sebbene alcuni degli esponenti politici non avessero ben chiara la situazione fomentando anzi questo tipo di ignoranza – v. Zaia – che infine si è rivolta contro).
La situazione è stata, ed è ancora pesante. Le persone, come effetto di questo panico, sono soggette a pesanti restrizioni che speriamo dal profondo del nostro cuore possano portare i risultati sperati. Purtroppo ci sono persone che sembrano non aver capito lo scopo di queste direttive: si pensa che evadere, scappare o continuare a fare tutto quello che si faceva prima non porti nessun rischio individuale – date anche le caratteristiche del virus e la sua mortalità. Ciò che sfugge è che questo atteggiamento vanifica i sacrifici di tutte le altre persone e mette a rischio la vita delle persone più deboli. E se non fosse chiaro, ognuna di queste scelte ha anche un effetto a lungo termine sulle finanze di ognuno e ritarda il momento in cui tutti possono ripartire.
E noi?
Superata questa breve (?) digressione, la domanda può essere relativa al perché di questo messaggio. Volevo aggiornarvi sui motivi per i quali non sono stato in grado di fornirvi aggiornamenti sullo stato del nostro progetto, ma principalmente per dare un resoconto di quello che succede anche a livelli di industrie diverse di cui si parla di meno.
Il cinema indipendente non è Hollywood, il giro economico è decisamente minore, ma nello stesso tempo, vi lavorano decine di migliaia di persone a livello mondiale che purtroppo sono profondamente esposti ad un periodo di crisi economica. Cosi come è successo nella nostra breve “storia” con il danno che ha intaccato noi e tutte le persone a scalare coinvolte, i liberi professionisti, gli artigiani, le piccole imprese sono quasi al collasso sotto un peso che comincia a farsi insostenibile. Al momento, purtroppo, con le notizie delle chiusure delle sale cinematografiche, la luce fuori dal tunnel sembra ancora distante e molto probabilmente lo sarà ancora per qualche settimana. Poi bisognerà fare i conti con tutti gli effetti a lungo termine, ma ci sono alternative? No. Per il bene di tutti, o quantomeno per senso civico, c’è bisogno che ognuno di noi faccia leva sul proprio grado di responsabilità facendo il massimo per uscirne il prima possibile, aiutarci l’un con l’altro (a distanza!) e provare a ripartire il prima possibile. Alcuni segnali ci sono già: alcune persone in Inghilterra con cui dialogavamo sono state disponibili a venirci incontro – mettere in pausa i pagamenti dovuti cercando di aiutarci nel minimizzare le nostre perdite. La solidarietà è l’unica strada percorribile.
Per questo, noi qui siamo arrivati alla conclusione che, oltre allo sperare che l’emergenza sanitaria e sociale si arresti il prima possibile, continueremo a fare quello che sappiamo fare: scrivere di cinema (mai come in questi momenti l’arte può e deve aiutare le persone) e cercare, mattone dopo mattone, di ricostruire il budget perso per il film, ricostruirne le fondamenta, e ripartire per cercare di tornare a fare cinema al più presto possibile, di ricominciare a sognare, con le persone che ci sono accanto, sane e salve.
Ne abbiamo veramente una voglia incredibile.