Chloé Zhao – NOMADLAND
- Alcune immagini sono bellissime: il pianosequenza che accompagna Fern mentre passeggia per il campo al tramonto, l’immagine di lei seduta ai piedi di una montagna di patate, ecc.
- Frances McDormand è mostruosa: reattiva in ogni situazione, trova dei modi di fare clinicamente aderenti al personaggio, la sua faccia è sempre di difficile lettura, così come il personaggio, ma riesce abilmente a far convenire su stessa l’empatia spettatoriale. Con ogni probabilità, con un’altra attrice il film non sarebbe riuscito allo stesso modo.
- La compenetrazione tra attori professionisti e non professionisti con una direzione attoriale di livello.
- Una filosofia di fondo che si offre come reazione e via di fuga alla società contemporanea.
- La musica è inutilmente utilizzata come attore drammatizzante (e spesso offre un “approfondimento” stereotipato dello stato d’animo della protagonista).
- Alcune immagini che parlano dello stato interiore di Fern sono cliché stantii e semplicistici (v. mare in tempesta).
- Una certa sostanza che sembra renderlo un po’ cerchiobottista evitando di affondare il piede sull’acceleratore quando potrebbe criticare.
Quindi lo consigliamo?
Sì.
Nomadland è un interessantissimo film di Chloé Zhao che si basa, sia concettualmente che visivamente, sul contrasto tra spazi ampi (spesso risolti in Campi Lunghissimi) e spazi stretti e angusti (come ad esempio il van di Fern).
Gli stessi spazi ampi, armonici, naturali sono messi in relazione ad altri spazi ampi, ma super organizzati, precisi e freddi come quelli all’interno della fabbrica di Amazon.
La pregnanza di questa dinamica degli spazi è anche esplicitata dalla regista che, per dare ancora più risalto a questi paesaggi, li fa incorniciare alla protagonista per il tramite di una pietra con dei buchi. Anche il motivo delle pietre è fortemente simbolico della filosofia centrale del film.
Il vagare di Fern rispetta una sorta di ciclicità naturale e simbolica della vita: è un cerchio che ritorna dove tutto ha avuto inizio per il personaggio (sebbene lasciato nel non visto, l’incidente “scatenante” è la grave crisi economica della “Great Recession” e lo smantellamento di interi nuclei abitativi sorti intorno ai posti di lavoro).
Nomadland parla di morte, di nascita, di rinascita, di memoria, di viaggio: la vita come un eterno divenire.
La narrazione rispecchia fortemente questo concetto e pur essendo pienamente lineare, le catene causa-effetto non sono drammatizzate in maniera spettacolare, né tantomento organizzate seguendo un plot centrale unico forte, e questo è il motivo più interessante della pellicola. Ovviamente, pur in mancanza di questo plot centrale, il cambiamento c’è sul piano del personaggio ed è lasciato fugace, senza calcarci troppo la mano (v. i due differenti capodanno che vive Fern).
In conclusione però, sebbene Nomadland si presenti in maniera interessante e offra un buon grado di soddisfazione visiva, a tratti diventa stranamente stereotipato e invecere di rendere il tutto organicamente interessante seguendo la direzione narrativa intrapresa, compie l’errore di fidarsi di cliché un po’ banali portati avanti da alcune delle componenti (v. la musica) e vanifica parte del lavoro fatto per renderlo interessante.
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Citazione dal film
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